Tritarifiuti
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È legale usare un tritarifiuti a casa per smaltire l’organico?

Negli anni ’70, i funzionari di New York City vietarono i tritarifiuti da cucina nel lavandino a causa delle preoccupazioni sull’invecchiamento dei sistemi fognari e sullo scarico di rifiuti organici grezzi nei fiumi vicini.

All’epoca, tutti gli sforzi di riciclaggio erano diretti all’industria della carta e una soluzione per la gestione dei rifiuti verdi sembrava meno urgente senza lo spettro incombente del cambiamento climatico.

Inoltre, i tritarifiuti organici non erano una vendita facile: i dispositivi di dissipazione erano rumorosi e costosi da installare, e non tutti potevano permetterseli.

I funzionari della città hanno revocato il divieto dei tritarifiuti nel 1997. Vent’anni dopo, tuttavia, la loro adozione è più lenta ora che non negli anni ’70. Eppure, la legge legittima a pieno l’utilizzo del tritarifiuti nelle case italiane. Sfatiamo qualche mito.

Tritarifiuti domestico: cosa dicono le normative?

Fino al 2006 è stato impossibile dotarsi di un dissipatore alimentare. Quell’anno segna una vera e propria rivoluzione per i tritarifiuti: l’articolo 107, comma 3 del Decreto Legislativo datato 3 Aprile 2006 n.152(17) ha reso legali strumenti del genere.

Il testo ha subito varie modifiche nel corso degli anni fino al 2008. La legge n. 210 stabilisce definitivamente delle regole chiare, ammettendo l’utilizzo del tritarifiuti nelle case italiane. L’articolo, viene così riportato:

Non è ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in fognatura, ad eccezione di quelli organici provenienti dagli scarti dell’alimentazione trattati con apparecchi dissipatori di rifiuti alimentari che ne riducano la massa in particelle sottili, previo accertamento dell’esistenza di un sistema di depurazione da parte dell’ente gestore del servizio idrico integrato, che assicura adeguata informazione al pubblico anche in merito alla planimetria delle zone servite da tali sistemi. L’installazione delle apparecchiature è comunicata da parte del rivenditore al gestore del servizio idrico, che ne controlla la diffusione sul territorio“.

Tuttavia, c’è un altro requisito da rispettare. L’uso del tritarifiuti è consentito:

previo accertamento dell’esistenza di un sistema di depurazione da parte dell’ente gestore del servizio idrico integrato, che assicura adeguata informazione al pubblico anche in merito alla planimetria delle zone servite da tali sistemi. L’installazione delle apparecchiature è comunicata da parte del rivenditore al gestore del servizio idrico, che ne controlla la diffusione sul territorio”.

Quindi i tritarifiuti sono ammessi in tutti i luoghi in cui esistono fognature collegate a un depuratore. Prima di investire in questo acquisto, è bene valutare se l’impianto fognario della propria zona sia dotato delle caratteristiche previste per legge al fine di smaltire correttamente questi scarti.

Per questo e altri motivi, le norme locali e regionali hanno vietato questo dispositivo in alcune parti d’Italia. È il caso ad esempio del Trentino. In questa regione, così come in altre zone d’Italia, nel sistema fognario confluiscono acque nere ma anche acque bianche e quindi, lo smaltimento dei rifiuti (anche alimentari) nell’impianto fognario, potrebbe causare squilibri in fase di depurazione.

È bene dunque informarsi circa le norma locali adottate per l’installazione del tritarifiuti, valutando pro e contro di questo dispositivo.